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Un racconto scritto da Storie Scientifiche per il CREF.

Nel 1946 Leon Max Lederman era un giovane dottorando alla Columbia University che sentiva il peso di aver trascorso tre anni nell’esercito degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra mondiale. A suo dire, Lederman aveva dimenticato anche le più semplici delle equazioni, aveva perso il metodo di studio e, cosa più importante, aveva perso la gioia di apprendere che lo aveva accompagnato durante i suoi studi al college.

Assegnatogli un lavoro ai Pupin Physics Laboratories (sede del dipartimento di fisica della Columbia), era incaricato di eseguire una serie di esperimenti con una camera a nebbia. I risultati però tardavano ad arrivare..

Un giorno, tornando in laboratorio, trovò un custode che stava lavando il pavimento, mentre stava cantava un’aria di un’opera. Appena entrato, il custode gli urlò qualcosa in italiano e accennò a una stretta di mano. Lederman disse: “D’accordo, ma stai attento. I fili trasportano corrente e il tuo mocio potrebbe produrre un cortocircuito” e prese la via del corridoio. Fuori dal laboratorio incontrò il direttore del dipartimento e Lederman gli comunicò che il nuovo custode non sembrava molto sveglio.

“Nuovo?- rispose il direttore- intendi dire il ragazzo che è dentro il laboratorio? Non è il custode tonto, è Gilberto Bernardini, un fisico italiano, ed è un esperto di fama mondiale di raggi cosmici. L’ho invitato a trascorrere un anno qui per aiutarti nelle tue ricerche.”

Non era iniziata col piede giusto, ma proseguì decisamente meglio. Bernardini guidò Lederman a risolvere i suoi problemi ma, soprattutto, gli fece riscoprire il suo amore per la fisica e per la ricerca, semplice ma al contempo elegante, delle leggi della natura.

“La scienza è sempre stata e continuerà ad essere un misto di frustrazione per il 96% e (se fortunata) per il 4% di esultanza. Ma avere un Bernardini che riaccende il tuo senso di stupore sicuramente aiuta.”