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L’Italia investe in ricerca e sviluppo circa lo 0,5% del PIL (0,32% per la ricerca di base e 0,18% per la ricerca applicata), una percentuale tendenzialmente inferiore rispetto agli altri paesi europei. Next Generation Eu, quindi, si presenta come una ghiotta opportunità.
Dei 209 miliardi che l’Italia riceverà dall’Ue, 11,7 sono stati stanziati per la ricerca e spendibili in cinque anni. Il piano avrà due linee principali, una finanziata con oltre 7 miliardi di euro che comprende sostegno a progetti di ricerca e finanziamenti per infrastrutture. L’altra da quasi 4,5 miliardi di euro, sosterrà la creazione di nuovi centri per la ricerca applicata.
Per la comunità scientifica “Next Generation Italia” come ogni grande occasione va sfruttata al meglio. Lo scorso ottobre, e di nuovo all'inizio di gennaio, un gruppo di scienziati di alto profilo ha scritto al Presidente Giuseppe Conte consigliando l'uso dei fondi europei al fine di aumentare di 15 miliardi di euro il budget per la ricerca pubblica nei prossimi cinque anni.
Il suggerimento è quello di portare l’investimento in ricerca all’1,1% del PIL dando priorità alla ricerca di base, poco considerata rispetto all’ambito della ricerca applicata dal piano governativo.
Un’altra prospettiva della quale tenere conto è di riuscire a trasferire il surplus economico impiegato nella ricerca a favore dello sviluppo generale del paese. Secondo Luciano Pietronero, Presidente del Centro Ricerche Enrico Fermi e fisico impegnato nello sviluppo di crescita economica, per rilanciare la competitività italiana si deve scommettere sul Sud.
Non solo, quindi, bisogna stare attenti al fatto che la ricerca produca sviluppo economico, ma anche che questo stesso sviluppo si collochi strategicamente nel territorio, costruendo industrie e startup dove è più utile ai fini della crescita complessiva del paese.
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Durante un seminario tenutosi nel 1958, Giulio Racah, noto fisico fiorentino, ricordò l’episodio chiave che portò alla costruzione di un primo calcolatore elettronico. Il protagonista di quel racconto era Enrico Fermi. Nel 1954, durante un corso di fisica internazionale tenutosi a Varenna, tre eminenti fisici italiani, Gilberto Bernardini, Marcello Conversi e Giorgio Salvini, discutendo con Fermi, gli chiesero consiglio su come investire al meglio, ai fini della ricerca, una cospicua somma pari a 2,2 milioni di euro di oggi.
La risposta di Fermi, ufficializzata successivamente anche al rettore, fu: “Fate un calcolatore elettronico”. Da quel suggerimento nacque la CEP, calcolatrice elettronica pisana. Fu una scelta che si rivelò di notevole importanza per lo sviluppo della ricerca scientifica italiana.
I primi calcolatori elettronici moderni risalgono alla fine degli anni ’40, frutto della ricerca inglese e statunitense. In Italia solo nel 1954 furono acquistati i primi due calcolatori di produzione estera: a Milano dal Politecnico e a Roma dall’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo.
Nello stesso anno anche a Pisa, data la disponibilità di un rilevante contributo finanziario da parte delle province e i comuni di Pisa, Livorno e Lucca, grazie al consiglio di Fermi, iniziò l’impresa di progettare e costruire una macchina calcolatrice.
Quella di costruirla, più che una scelta, fu una necessità perché somma di cui disponeva l’Università di Pisa era consistente ma non a tal punto da permettere l’acquisto di una moderna calcolatrice elettronica per ricerche scientifiche. L’idea infusa da Fermi nell’importanza di possedere un calcolatore elettronico e la motivazione dei fisici pisani portò alla prima macchina di questo tipo di fattura italiana. A questo scopo fu richiesta anche la collaborazione di altri enti di ricerca e di aziende, trovando il supporto dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e della Società Olivetti.
#cep #calcolatorelettronico #pisa #enricofermi #infn #olivetti #cref
Questa mattina sul Fatto Quotidiano è stato pubblicato un articolo del dirigente di ricerca del Cref, Francesco Sylos Labini, che ricorda la storia dei ragazzi di Via Panisperna e della loro storica palazzina, oggi adibita a museo.
Nell’articolo viene ripercorsa brevemente la storia recente dell’Istituto di Ricerca. Dal 1999, anno in cui fu approvata all’unanimità su proposta di Athos De Luca la legge che prevedeva l’istituzione del Centro Ricerche Enrico Fermi, fino al ristabilimento nella storica sede dell’Istituto e alla nomina di Luciano Pietronero come Presidente.
Solo 20 anni dopo il Cref è riuscito a tornare a casa, all’interno della storica palazzina di Via Panisperna, che poco meno di un secolo fa ospitava Enrico Fermi e i suoi straordinari giovani collaboratori. L’Istituto si prepara a diventare un punto di riferimento a livello nazionale per la ricerca e la divulgazione scientifica.
Oggi all’interno della palazzina è stato allestito anche un museo per celebrare le azioni di Fermi e di quello storico gruppo, che insieme hanno fatto la storia della Fisica italiana.
Il racconto di Giulio Cortini scritto da Storie Scientifiche per il CREF. La storia di una grande figura del Novecento italiano, dall’impegno come artificiere nella Resistenza agli studi sull’antiprotone.
Giulio Cortini nasce il Primo dicembre del 1918 a Roma. Suo padre è un avvocato e desidera per il figlio una laurea in legge che gli consentisse di portare avanti lo studio legale, già ben avviato di famiglia. Il giovane Giulio però sceglie un’altra strada, poco battuta in quegli anni: si iscrive al Corso di Laurea in Fisica all’Università di Roma. È una scelta che in pochi capivano, perché quella professione è legata indissolubilmente all’idea di insegnamento (soprattutto nelle scuole secondarie) e non al concetto di ricerca scientifica.
Se il numero di iscritti nel suo anno da matricola era da considerare quasi irrilevante (erano in totale tre studenti) la qualità dei professori a Roma era molto alta. C’era Edoardo Amaldi, che dal 1938 era titolare della cattedra di Fisica Generale e che mantenne per i successivi 41 anni; c’era Francesco Severi per il corso di Analisi Matematica e c’era Giancarlo Wick che teneva un corso di Fisica teorica avanzata. Subito dopo la fine del conflitto mondiale arrivò a Roma anche Gilberto Bernardini che fu una figura chiave, insieme ad Amaldi, per la ripresa della Fisica in Italia.
Wick era diventato assistente di Fermi nel 1932 e diede importanti contributi, tra i quali citiamo il calcolo del momento magnetico della molecola di idrogeno e l’introduzione del Teorema di Wick che è uno strumento particolarmente utile nella Teoria Quantistica dei Campi. Cortini scelse lui come relatore della sua tesi e si laureò con lode nel 1942, mentre prestava servizio militare col grado di sottotenente.
Il 21 maggio del 1943 fu arrestato durante un pranzo in famiglia, perché considerato vicini agli ambienti della Resistenza, e fu condotto a Regina Coeli. Dopo un paio di mesi ci fu la caduta di Mussolini e un’ondata di gente iniziò a manifestare contro il regime fascista chiedendo la liberazione dei detenuti; due giorni dopo Cortini fu rilasciato. Uscito di galera, i capi della Resistenza romana lo scelsero come artificiere perché sapevano che era laureato in fisica. Ovviamente Cortini, per sua stessa ammissione, disse di essere un ignorante totale in materia e che acquisì alcune nozioni da un manuale dell’Hoepli, intitolato “Le mine”.  Durante questo periodo costruì vari ordigni esplosivi, tra cui quello esploso nell’attentato di via Rasella contro un reparto di forze tedesche che occupavano la città.
Fin dall’inizio della sua attività di ricerca fece parte di un gruppo, diretto da Amaldi, che studiò le evaporazioni nucleari prodotte dai raggi cosmici tramite la tecnica delle emulsioni nucleari, che era una tecnica del tutto nuova in quegli anni per Roma. Il modo in cui si misurò con questo nuovo metodo fu abbastanza singolare. Amaldi e Wick vennero a conoscenza della tecnica delle emulsioni nucleari, ma nessuno a Roma era competente in questo ambito di ricerca; decisero dunque di affidare questo compito a Cortini: “Tu occupati della lastre nucleari!”. Ma Cortini era un neofita e sviluppò la sua esperienza prima con Pancini e successivamente da autodidatta. Con un assegno di ricerca della durata di un anno, si traferì a Bruxelles dove trovò in Giuseppe Occhialini un nuovo maestro capace di indirizzarlo verso nuove tecniche per lo studio dei raggi cosmici.
È proprio all’Istituto di Roma che ottenne il suo risultato più importante. A Berkeley nel 1955 un gruppo di eminenti fisici, capitanati da Emilio Segrè e Owen Chamberlain, avevano predisposto un efficace esperimento per individuare l’antiprotone (l’antiparticella del protone). Questo esperimento valse loro il Premio Nobel nel 1959. Nello stesso tempo, In Italia si stavano esponendo ai raggi cosmici in alta quota alcune lastre nucleari. In particolare, in una delle lastre lanciate in un aeroporto vicino Cagliari nel 1953, si registrò l’annichilazione di una particella.
Si trattava di un antiprotone proveniente dai raggi cosmici? Il forte sospetto, sostenuto anche da Bruno Touschek (vista l’assenza di Amaldi a Roma in quel periodo), era che si trattasse di un fenomeno di annichilazione tra antiprotone e protone con la formazione di prodotti di evaporazioni corrispondenti ad un’energia di 2GeV. Questa osservazione fu chiamata “Evento Faustina”. Il problema principale era di verificare se effettivamente ci fosse questa grande produzione di energia. Il grande merito di Cortini fu quello di sviluppare una tecnica innovativa per la valutazione dell’energia di una particella in volo che passa attraverso più lastre. Dopo il ritorno di Amaldi a Roma, il gruppo pubblicò l’articolo dal titolo “Unusual event in cosmic rays” dove proposero i loro risultati. Grazie al suo prestigio, Amaldi intrattenne frequenti rapporti con il gruppo di Berkeley per cercare di unire i risultati, come si evince da questo estratto di una lettera del 29 marzo 1955 indirizzata a Segrè:
La mia proposta è però assai concreta e precisa. Ti mando a parte il prepint di un lavoro apparso nel Nuovo Cimento di marzo con la preghiera di leggerlo attentamente. Come vedrai c’è una buona probabilità che abbiamo osservato un antiprotone (l’evento viene chiamato Faustina ovverossia uno strano incidente). (…) Ora la mia proposta è la seguente: ci mettiamo d’accordo per lettera e voi montate l’esperienza e fate gli irraggiamenti…noi facciamo lo sviluppo. Il lavoro viene pubblicato insieme se viene fuori qualcosa che valga la pena.”
Nessuno meglio di Cortini può dirci come andò a finire:
Loro ci mandarono delle lastre che avevano esposto al fascio di antiprotoni prodotti dalla loro macchina che era entrata in funzione da poco e noi vi trovammo il primo evento del tipo Faustina: telegramma, congratulazioni. Ma naturalmente il prestigio di questo nuovo risultato, e di quelli che seguirono, rimase in gran parte loro.”
Solamente un anno dopo, nel 1956, Gilberto Bernardini propose all’Accademia Nazionale dei Lincei il conferimento del Premio Feltrinelli per la Fisica agli scopritori dell’antiprotone elencandoli in ordine alfabetico: Owen Chamberlain, Giulio Cortini, Emilio Segrè.
Bibliografia:
Guerra, B. Preziosi, “Ricordo di Giulio Cortini”, Il Nuovo Saggiatore - https://www.ilnuovosaggiatore.sif.it/download/34
https://agenda.infn.it/event/2016/attachments/26986/30967/antiprotone.pdf (per la lettera di Amaldi).
Maestri e allievi nella fisica italiana del Novecento - Luisa Bonolis.
 
A seguito di incendi o pratiche funerarie, spesso i siti archeologici e paleontologici possono contenere resti scheletrici bruciati. Studiare le ossa in questo stato non è semplice, a causa dei cambiamenti nella struttura atomica dell'osso causati dalla combustione.
Lo studio a cui è stata dedicata una pagina del rapporto annuale s’intitola “MAPS, Tosca - First analysis of ancient burned human skeletal remains probed by neutron and optical vibrational spectroscopy”. I ricercatori impegnati in questo progetto hanno utilizzato, per la prima volta, un approccio integrato, che combina tecniche spettroscopiche vibrazionali complementari compreso lo scattering anelastico dei neutroni, per studiare le ossa bruciate antiche.
Confrontando la loro analisi con le ossa umane moderne che hanno subito un processo di combustione controllata, i ricercatori sono stati in grado di definire le condizioni a cui le ossa antiche sono state soggette.
Il gruppo di ricercatori ha studiato resti ossei di esseri umani e animali provenienti da diversi siti archeologici italiani e da distinti periodi storici: neolitico, età del rame, età romana e Medioevo. Grazie alle loro analisi sono stati in grado di ottenere informazioni sulla differenza nelle pratiche di cremazione nell'età del rame, che si verificava principalmente negli incendi domestici, e in età romana, dove i corpi venivano cremati all'interno delle loro tombe a diretto contatto con il suolo.
Il lavoro portato avanti da questo gruppo di ricerca è molto importante perché fornisce agli archeologi e agli antropologi nuove informazioni sulle civiltà passate, comprese le loro sepolture e le pratiche di cucina. Capire il rapporto con i morti, stabilire quali fossero le pratiche rituali di sepoltura in termini così specifici, come quelli che riguardano le tecniche di cremazione, permette di conoscere in maniera più approfondita le civiltà antiche e i loro valori.
L’articolo pubblicato in Nature Physics, Donadi, S., Piscicchia, K., Curceanu, C. et al. Underground test of gravity-related wave function collapse. Nat. Phys. (2020). https://doi.org/10.1038/s41567-020-1008-4, che presenta un nuovo record nello studio del modello di collasso della funzione d'onda indotto dalla gravità, proposto da Lajos Diósi e Roger Penrose (modello DP) per risolvere il famoso problema della misura, ottenuto con una ricerca sperimentale che ha visto il ricercatore del CREF Kristian Piscicchia come responsabile dell’analisi dei dati, ha ottenuto un gratificante primato: e’ stato selezionato nella lista Top 10 al livello mondiale delle ricerche scientifiche in tutti i campi da due prestigiosi siti:

  • Our favorite science news stories of 2020 (nonCOVID-19 edition) da:


Science - sciencemag.org (dove la ricerca e’ al  numero 2 subito dopo una ricerca sui virus):
https://www.sciencemag.org/news/2020/12/our-favorite-science-news-stories-2020-non-covid-19-edition

  • Les 10 articles que vous avez préférés en 2020, da puorlascience.org (Les 10 articles que vous avez prfrs en 2020) dove la ricerca e’ al numero 9:


https://www.pourlascience.fr/sr/actualites/les-10-articles-que-vous-avez-preferes-en-2020-20609.php
Questo dimostra ancora una volta quanto questo tipo di ricerche, sulle fondamenta della teoria quantistica, siano attuali e di grande interesse non soltanto in fisica, ma in tutti i campi della scienza.
La collaborazione VIP, della quale il ricercatore CREF Kristian Piscicchia è anche responsabile INFN, sta attualmente procedendo ad un upgrade dell’apparato sperimentale e sta sviluppando più sofisticati modelli di analisi statistica, nonché collaborando con i teorici, fra i quali anche il recente premio Nobel Sir Roger Penrose, ad ulteriori refinements di modelli nei quali la teoria quantistica e la gravità si intrecciano nell’ambito dei modelli di collasso.
Ormai tutti noi usiamo quotidianamente Google, ma quale è l’idea alla base del suo successo? Google è un motore di ricerca creato nel 1998 da Larry Page e Sergey Brin, allora studenti della Stanford University, che seppero mettere a punto un algoritmo in grado di rendere accessibile la mole immensa di informazioni che il web contiene per tutti coloro che lo avessero desiderato.
L’idea alla base di Google è quella di classificare l’attendibilità di una pagina web non in base al suo contenuto (fare un’analisi di questo tipo comporterebbe un dispendio enorme di risorse e la sua efficacia sarebbe dubbia essendo questa soggetta ad influenze e giudizi personali), bensì attraverso un’analisi del network delle pagine web preso nel suo complesso.
Cerchiamo di essere più chiari: ad ogni pagina web, viene associato in maniera iterativa un rango, cioè “un’importanza relativa”, in base al rango delle pagine che rimandano a questa tramite link, pesate sul numero di link uscenti da ciascuna di esse. Tale algoritmo è chiamato Page Rank.
Come abbiamo visto, l’idea alla base dell’algoritmo di Google è abbastanza semplice, sfruttare la struttura della rete di Internet per classificare le pagine web, ma, naturalmente, la sua implementazione presenta numerosi ostacoli da superare.
Primo su tutti, la mole immensa di pagine web da classificare: una mole, tra l’altro, perennemente in crescita. Proprio a fronte della necessità di trattare numeri molto grandi, l’algoritmo deve necessariamente scalare molto bene al crescere della quantità di materiale da analizzare: alcuni studi hanno provato che questo converge con poco più di 52 iterazioni, un risultato sorprendente a fronte dell’arduo compito da assolvere.
In maniera analoga a Page Rank, l'algoritmo Economic Fitness, sviluppato negli ultimi anni da Luciano Pietronero e il suo team, permette, tra le altre cose, di prevedere la crescita delle nazioni, analizzando solo la struttura del network bipartito nazioni-prodotti.
Qualche giorno Roberto Benzi ha preso parte ad un seminario nel quale ha spiegato le origini della risonanza stocastica e il perché questo fenomeno sia collegato, in qualche modo, al cambiamento climatico. Si tratta di un ciclo di conferenze, iniziate con i modelli caotici di Michael Ghil e chiuso con la stochastic resonance, per analizzare le prospettive future delle scienze climatiche.
Roberto Benzi è intervenuto per presentare la risonanza stocastica. Il meccanismo di risonanza stocastica, infatti, è stato introdotto circa quaranta anni fa da Roberto Benzi, Giorgio Parisi, Alfonso Sutera e Angelo Vulpiani. È un meccanismo generale e intuitivo che ha trovato applicazioni in migliaia di sistemi fisici diversi.
Analizzando la variazione di temperatura della Terra in relazione al movimento di rivoluzione intorno al Sole, ci si accorse che gli sbalzi di temperatura durante le ere glaciali erano fortemente correlati alla distanza della Terra dal Sole. Ma, in qualche modo, l’aumento o abbassamento della temperatura possono essere spiegati solo in parte dalla lontananza dal Sole, perché per altre frazioni si osservano dei cambiamenti non corrispondenti proporzionalmente all’effettiva distanza Terra-Sole.
La motivazione di questa eccezionalità è spiegata dalla risonanza stocastica. La cosiddetta risonanza stocastica (RS) è, propriamente, un fenomeno statistico recentemente studiato in un'ampia gamma di sistemi fisici non lineari.
Il clima è uno dei sistemi più complessi in natura ed il suo studio rappresenta una delle più dure sfide concettuali e tecnologiche in atto. L’aumentare dei dati climatici a disposizione ed il miglioramento dei modelli numerici di simulazione richiedono, in parallelo, lo sviluppo di concetti base, di modelli, che permettano la comprensione dei fenomeni osservati e simulati, come quello elaborato da Benzi e i suoi colleghi.
Ecco il video in cui Roberto Benzi racconta la sua esperienza di ricerca con la risonanza stocastica e il cambiamento climatico.
https://www.youtube.com/watch?v=ifuSJrE_bfE&feature=youtu.be
Complimenti al prof. Andrea Gabrielli ed al dott. Francesco Sylos Labini che nel corso del Consiglio di amministrazione del 18 dicembre scorso sono stati nominati componenti del Comitato permanente paritetico di cui all’art.3 della Convenzione quadro relativa al progetto Extreme-Energy Events stipulata tra il CREF e l’INFN.