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Nicola Cabibbo ha cambiato il mondo della fisica delle particelle ma fu snobbato dall’Accademia che assegna il Nobel

Un racconto scritto da Storie Scientifiche per il CREF.

Nel vasto mondo della fisica delle particelle elementari degli ultimi cinquant’anni, a livello nazionale e internazionale, risuona un nome autorevole, quello di Nicola Cabibbo.

Nato a Roma nel 1935 da una famiglia di origine siciliane, fin da piccolo sviluppò una grande curiosità scientifica e un amore verso la lettura fantascientifica. Queste passioni lo spinsero a iscriversi, nel 1952, al corso di laurea in fisica spiegando che “la Fisica allora era la regina assoluta delle scienze, con la scoperta e il dominio del mondo nucleare”. I suoi maestri furono alcuni delle menti più brillanti in circolazione: Edoardo Amaldi, Marcello Conversi e Bruno Touschek. Si laureò nel 1958 con una tesi sul decadimento dei muoni, avendo come relatore proprio Touschek, e diventando subito ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) a Roma.

Verso gli inizi degli anni Sessanta Giorgio Salvini, che aveva appena realizzato l’impresa di istituire un Laboratorio Nazionale delle ricerche e la costruzione di un acceleratore di particelle, creò a Frascati un gruppo di fisica teorica che aveva lo scopo di dare supporto alle attività sperimentali. Cabibbo diventò il primo dipendente di questo gruppo teorico iniziando a collaborare con un giovanotto appena tornato dagli Stati Uniti, Raoul Gatto.

Negli stessi anni Touschek propose e progettò la costruzione del primo acceleratore di particelle-antiparticelle denominato AdA (Anello di Accumulazione). In questo anelli gli elettroni e le loro antiparticelle, i positroni, viaggiano con la stessa velocità in direzione opposte annichilandosi e trasformando l’energia iniziale in nuove particelle. Cabibbo scrisse dunque un articolo nel 1961, che i colleghi denominarono da subito “la Bibbia” perché conteneva i calcoli teorici di tutte le sezioni d’urto dei processi di annichilazione elettrone-positrone allora ipotizzabili.

L’anno successivo si traferì a Ginevra per assumere il ruolo di ricercatore al CERN; dopo un solo anno passa al Lawrence Berkeley National Laboratory, a Berkeley California in quello che era il centro mondiale per lo studio delle particelle, per poi ritornare nuovamente in Svizzera.

È in questo periodo che pubblica sulla rivista Physical Review Letters, che nel 2006 fu valutato come lo studio più citato di tutti i tempi tra le pubblicazioni dell’American Institute of Physics, il lavoro che lo renderà famoso all’interno della comunità scientifica: “Unitary Symmetry and Leptonic Decays”.

Qui comparirà la definizione dell’angolo che verrà rinominato, in suo onore, l’angolo di Cabibbo. Egli ipotizzò che la forza, o interazione debole, si mescolasse con l’interazione forte (due delle quattro forze fondamentali che governano l’universo) nel cosiddetto Cabibbo Mixing e che tale processo fosse regolato proprio dall’angolo di Cabibbo. I suoi valori trigonometrici, in particolare il seno e il coseno, stabiliscono la probabilità che una particella strana si trasformi in una non strana interagendo con una terza particella per mezzo della forza debole. Questo lavoro aprì la strada alla comprensione delle interazioni deboli.

Sfruttando il lavoro di Cabibbo, il fisico statunitense Murray Gell-Mann (vincitore del Nobel per la fisica nel 1969 “per i suoi contributi e scoperte in materia di classificazione delle particelle elementari e le loro interazioni”) ipotizzò l’esistenza dei quark up, down e strange, prevedendo inoltre che potessero presentarsi in tre differenti “colori” e “sapori”. In realtà la carica di colore è una proprietà dei quark correlata alle interazioni forti, proprietà descritta dalla cromodinamica quantistica (QCD, sigla ispirata dalla traduzione inglese della teoria). Questo modello a quark fu subito usato per la teorizzazione di un quarto quark (charm) da parte dei fisici Glashow, Iliopoulos e Luciano Maiani.

Nel 1973 i fisici giapponesi Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa proposero una generalizzazione del lavoro di Cabibbo. I due ipotizzarono l’esistenza di una terza famiglia di quark e introdussero una matrice unitaria (matrice CKM, dalle iniziali dei tre fisici) grazie alla quale si poteva calcolare la probabilità, tramite nove parametri, che un quark si “trasformasse” in un altro durante un processo di interazione debole. Con l’ausilio della matrice CKM, fra le altre cose, è stato possibile piegare la violazione della fondamentale simmetria CP, che è l’unione di due simmetrie, quella dello scambio fra particelle-antiparticelle e quella dell’inversione delle coordinate spaziali (invarianza sotto Parità).

Il lavoro di Cabibbo ha permesso di capire dove cercare il motivo dell’esistenza delle cose: nel mescolamento dei quark. Egli stesso disse:

“Oggi per descrivere tutto quello che sappiamo sulle particelle elementari dell’Universo servono 20 parametri. 8 di questi descrivono il mescolamento e sono direttamente legati all’angolo che porta il mio nome.”

I conferimenti ricevuti sono stati innumerevoli, citiamo solamente il Premio Enrico Fermi nel 2003 “per la sua teoria del miscelamento dei quark down e strange nei decadimenti deboli, in cui svolge un ruolo fondamentale il noto parametro, detto angolo di Cabibbo”.

Ma il riconoscimento più ambito è venuto a mancare. Nel 2008 Kobayashi e Maskawa ricevono il Nobel per la Fisica “per la scoperta dell’origine l’esistenza di almeno tre famiglie di quark in natura”. Manca un invitato speciale, manca colui che ha gettato le basi, che ha svolto i primi lavori; manca il nome di Nicola Cabibbo.

Roberto Petronzio, all’epoca presidente dell’INFN, dice “Sono lieto che il Nobel sia stato attribuito a questo settore della fisica, tuttavia non posso nascondere che questa particolare attribuzione mi riempie di amarezza”. L’intera comunità italiana è esterrefatta ma non solo: il New Scientist titola un articolo online traducibile in questo modo “Il Nobel per la fisica snobba un ricercatore chiave”.

Il Sole24 Ore, il 26 novembre 2008, lancia un articolo in cui uno dei due vincitori, Toshihide Maskawa, risponde in questo modo allo stupore nato in Italia per la mancata assegnazione a Cabibbo:

“Premetto che si tratta di una domanda che sarebbe meglio rivolgere al Comitato dell’Accademia che assegna il Nobel ma Cabibbo ha formulato i suoi studi nel 1963, ma prima di lui questa questione è stata studiata a lungo e a questi studi prioritari ho fatto riferimento in modo particolare”.

La reazione del fisico italiano è stata pacata ma non priva di rammarico: “Preferisco non fare dichiarazioni”.

Morirà solamente due anni dopo, nel 2010.

In foto Nicola Cabibbo in compagnia di Makoto Kobayashi.