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Ipogeo delle Ghirlande: l’uso combinato di tecniche di spettroscopia vibrazionale dei resti ritrovati fa luce sui riti funerari della Roma Imperiale

Uno studio pubblicato su Scientific Reports di Nature aggiunge importanti elementi alla comprensione dei riti funerari della Roma imperiale, grazie all’analisi combinata di spettroscopie vibrazionali su resti ossei ritrovati nell’Ipogeo delle Ghirlande, a Grottaferrata (Roma).  Lo studio è stato condotto dal CREF, dal Servizio di Antropologia del MIC, dai ricercatori dell’STFC Rutherford Appleton Laboratory e dall’Universita’ di Coimbra all’interno del progetto “Fisica per i Beni Culturali” del CREF.

La storia dell’Ipogeo

L’Ipogeo delle Ghirlande è un sito sepolcrale risalente al I secolo DC, e scoperto una ventina di anni fa a Grottaferrata, vicino Roma.  Durante lo scavo per la rimozione di un pilone dell’alta tensione, gli operai si imbattono in una scala che conduce sottoterra, verso un corridoio presto identificato dagli archeologi come un dromos, un elemento tipico degli ipogei romani. All’interno della camera sepolcrale si trovano due sarcofagi. Dall’analisi congiunta di vari elementi, e procedendo per ipotesi ed esclusioni, si arriva a capire che i corpi seppelliti nell’ipogeo appartengono alla nobildonna romana Aebutia Quarta e a suo figlio Carvilius Gemellus, morto giovanissimo, ad appena 18 anni.

I ritrovamenti: tre corpi, tre storie

Il corpo di Carvilius appare straordinariamente ben conservato grazie al processo di imbalsamazione al quale è stato sottoposto, e alla perfetta sigillatura del sepolcro.
Una scoperta interessante, soprattutto perché nella Roma Imperiale il rituale funerario prevedeva di solito la cremazione. L’imbalsamazione era invece piuttosto rara,  perché legata al il culto di Iside, di provenienza egiziana.
A causa della rottura del sarcofago, del corpo di Aebutia Quarta restano invece solamente i resti ossei, che appaiono anatomicamente ben composti. Entrambe le salme sono coperte da ghirlande di lilium, rose, e viole, che daranno il nome all’ipogeo.
Oltre ai due sarcofagi, sul pavimento della camera vengono trovate delle ossa combuste.
Analisi antropologiche, in particolare sullo stato di usura, permettono di stabilire che appartengono a un individuo di sesso maschile di età compresa tra i 40 e i 50 anni, probabilmente di una classe sociale bassa.

Lo studio sui resti ossei: una combinazione di tecniche di spettroscopia vibrazionale

I ricercatori hanno utilizzato tecniche combinate di spettroscopia vibrazionale,  in particolarescattering anaelastico di neutroni, spettroscopia Raman e spettroscopia infrarossa in transformata di Fourier, per determinare le temperature e le condizioni di combustione alle quali sono stati esposti i resti ossei dell’Ipogeo delle Ghirlande.

I risultati dello studio confermano che Aebutiaè stata sottoposta a un procedimento di imbalsamazione applicando oli o cere, ma escludono un processo di combustione, malgrado la presenza di deformazione e annerimento di alcune aree scheletriche. La zona centrale del corpo, infatti, mostra segni di esposizione a basse temperature e a fonti localizzate di calore inferiori ai 200 gradi.

La situazione appare completamente diversa nel caso dei resti del terzo uomo.  Nel suo caso c’è stata combustione a temperature molto elevate, che vanno dai 700 ai 900 gradi in condizioni anaerobiche, informazioni compatibili con rituali di cremazione del corpo. Inoltre, non si rilevano tracce di oli o cere usati per imbalsamazione.

Conclusione

In conclusione, le analisi condotte sui resti ossei dell’Ipogeo delle Ghirlande hanno permesso di ottenere alcuni dati specifici sugli usi dei riti funerari della Roma Imperiale.  Inoltre, questo tipo di metodologia permette di ottenere dati complementari all’uso della classica scala cromatica per determinare i livelli massimi di temperatura raggiunti.