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La struttura cristallina di resti ossei combusti in condizioni anaerobiche

L’analisi di resti scheletrici è fondamentale sia in ambito forense per l’identificazione del defunto e la ricostruzione delle circostanze del decesso che in ambito archeologico per la ricostruzione dello stile di vita, le circostanze della morte e le pratiche funerarie del popolo di appartenenza.

Nel caso in cui i reperti subiscono processi di combustione, una situazione piuttosto frequente sia in ambito forense (esplosioni, incidenti o incendi domestici) che archeologico (riti funerari), non è possibile avvalersi di tecniche standard.

Il calore, infatti, induce cambiamenti fisici e chimici significativi sulle matrici ossee ed interferisce con l’affidabilità dei metodi di profilazione disponibili. Il DNA, per esempio, è danneggiato dalle alte temperature, e sulle ossa combuste non è possibile utilizzare tecniche metriche, le quali si basano su dati di riferimento da ossa non combuste.

Da qui la necessità di ampliare la conoscenza quantitativa dei cambiamenti provocati dal calore nelle ossa umane, a livello microscopico, per lo sviluppo di nuovi metodi affidabili.

Studi precedenti hanno dimostrato l’efficacia dell’utilizzo di tecniche di spettroscopia vibrazionale (spettroscopia infrarossa in trasformata Raman e Fourier (FTIR), Raman e di scattering anelastico di neutroni), al fine di valutare le modificazioni indotte dal calore associate ad alterazioni dell’osso.

Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori e ricercatrici dell’Università di Coimbra in collaborazione con il CREF, pubblicato su “Analytical Chemistry”, ha rilevato tramite diffrazione di neutroni le variazioni strutturali e di cristallinità di ossa umane soggette a combustione in condizioni di carenza di ossigeno (condizioni anaerobiche).

Le misure sono state effettuate presso  l’ISIS Pulsed Neutron and Muon Source del STFC Rutherford Appleton Laboratory, U.K) tramite il diffrattometro GEM che ha permesso di monitorare in-situ le variazioni strutturali dei campioni in funzione della temperatura tra i 25 e i 1000 gradi centigradi.

Lo studio effettuato ha permesso quindi di ottenere informazioni quantitative sulla riorganizzazione strutturale della matrice ossea durante la procedura di riscaldamento ed in particolare monitorando le notevoli variazioni cristallografiche quali le dimensioni dei domini, le lunghezze dei legami OH e le variazioni del background. Si è osservato sperimentalmente che al di sopra dei 700 °C la componente inorganica diventa altamente simmetrica, priva di carbonati e costituenti organici mentre per temperature inferiori ai 700 ⁰C presenta valori di cristallinità notevolmente inferiori.

 

Questi dati quantitativi verranno utilizzati come biomarcatori per l’identificazione delle temperature di combustione raggiunte da un reperto in esame costituendo la conoscenza di base per lo sviluppo di nuovi metodi di indagine affidabili sia in ambito forense che archeologico.

 

CONTACT: Giulia Festa, giulia.festa@cref.it

 

Leggi l’articolo :

In-Situ Anaerobic Heating of Human Bones Probed by Neutron Diffraction
Giulia Festa, Adriana P. Mamede, David Gonçalves, Eugénia Cunha, Winfried Kockelmann, Stewart F. Parker, Luís A. E. Batista de Carvalho, and Maria Paula M. Marques