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Ormai da qualche anno Enrico Fermi viveva negli Stati Uniti, dopo essere fuggito con la sua famiglia dalle leggi razziali; in America continuava a portare avanti i suoi progetti di ricerca, collaborando con varie Università. Il 2 dicembre 1942 arrivò di nuovo un successo scientifico che vede il fisico italiano protagonista nella costruzione del primo reattore artificiale a fissione nucleare al mondo.

Enrico Fermi, in collaborazione con Leó Szilárd, supervisionò la costruzione del Chicago Pile-1. Il reattore era costituito da una pila di uranio e blocchi di grafite; conteneva una massa critica di materiale fissile, insieme a barre di controllo. La pila aveva un nocciolo costituito da pellet di uranio, che produceva neutroni; i pellet erano separati da blocchi di grafite per moderare la velocità dei neutroni.

Uno sciopero lavorativo impedì la costruzione della pila presso l’Argonne National Laboratory, così Fermi e i suoi colleghi scelsero di realizzarla sotto le tribune ovest dello stadio abbandonato Alonzo Stagg Field dell’Università di Chicago.

Alle ore 15:25 del 2 dicembre il reattore CP-1 aveva raggiunto la massa critica per autoalimentare la reazione a catena. Fermi controllò personalmente l’attività dei neutroni e dopo 28 minuti decise di spegnere la macchina. Poco meno di trenta minuti erano stati sufficienti per dimostrare si potesse azionare una reazione a catena autoalimentata.

Fermi aveva convinto Arthur Compton che i suoi calcoli erano affidabili per escludere un tragico incidente e, infatti, la dimostrazione avvenne con successo. Il fisico italiano, già Premio Nobel, aveva condotto la realizzazione di un progetto scientifico di immensa rilevanza. Compton telefonò immediatamente a Contant, presidente del National Defense Research Committee, improvvisando un messaggio in codice: “The Italian navigator has just landed in the new world”.