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Un racconto scritto da Storie Scientifiche per il Centro Ricerche Enrico Fermi.

Nel 1943, in uno scantinato del liceo Virgilio di Roma, iniziarono una serie di indagini sui raggi cosmici che culminarono in un importante esperimento, oggi noto come “Esperimento Conversi-Pancini-Piccioni” (1946). Questo segnò un’importantissima tappa della storia della fisica. Luis Alvarez, nella sua Nobel Lecture nel dicembre del 1968, scrisse:

“Secondo una mia opinione personale, io vorrei dire che la fisica moderna delle particelle iniziò negli ultimi giorni della Seconda Guerra Mondiale, quando un gruppo di giovani fisici italiani, Conversi, Pancini, Piccioni, che erano a Roma nascosti dalle forze di occupazione tedesca, iniziarono un esperimento di straordinaria importanza”.

Oggi vi parleremo di uno dei tre protagonisti, Oreste Piccioni, e del suo ruolo.

Nato a Siena nel 1915, ma trasferitosi presto a Grosseto, ottenne la maturità scientifica nel 1934. Scelse poi la fisica, vincendo il concorso (secondo su dodici posti) di ammissione alla Scuola Normale di Pisa. Qui rimase solamente un anno per poi trasferirsi a Roma, attratto dalla fama e della bravura di Enrico Fermi, col quale si laureò sul finire del 1938. Ottenne il massimo dei voti e la lode: “chiaramente, la lode mi venne data sulla fiducia”.

Negli anni Trenta un interesse particolare era rivolto allo studio dei raggi cosmici (particelle ad alta energia che si muovono nello spazio) ed è in quegli anni che Hideki Yukawa, giovane fisico allora poco conosciuto, pubblicò un articolo diventato poi un classico in questo campo: “On the Interaction of Elementary Particles”. Qui predisse l’esistenza di una particella, il mesone, mediatrice delle interazioni nucleari forti. Tale particella, secondo i calcoli di Yukawa, non poteva essere osservata direttamente nelle interazioni nucleari perché l’energia richiesta per la loro produzione non era disponibile in nessun laboratorio del mondo. Una fonte ad alta energia sono però proprio i raggi cosmici. Così nel 1937 Neddermeyer ed Anderson scoprirono, con l’ausilio di una camera a nebbia, che le particelle penetranti della radiazione cosmica avevano una massa intermedia tra quella dell’elettrone e quella del protone. Avevano appena scoperto il mesotrone o, come viene chiamato oggi, muone. Stime teoriche della massa e della vita media fatte da Yukawa lo portarono a identificare il mesotrone dei raggi cosmici con il mesone da lui teorizzato e per un certo periodo si affermò questa ipotesi errata.

Il muone poteva avere carica elettrica positiva o negativa e già nel 1940 si era arrivati a capire che fosse una particella instabile con una vita media di pochi microsecondi (il microsecondo corrisponde a un milionesimo di secondo), ma non si era riusciti ad avere una misura diretta di questo tempo. In Italia, nel frattempo, Marcello Conversi e Oreste Piccioni iniziarono a lavorare insieme, costruendo con le loro mani nuovi strumenti per effettuare le misure necessarie. in particolare I due svilupparono circuiti di elettronica veloce e di coincidenza, sfruttando i contatori Geiger per rivelare il passaggio delle particelle. Ricordò Conversi:

“Piccioni ed io, quando sul finire del 1941 decidemmo di lavorare insieme, avevamo in mentre la determinazione diretta della vita media del mesotrone. Piccioni, con alcuni anni di esperienza più di me, aveva una profonda conoscenza ed un grande entusiasmo per l’elettronica, e la maggior parte dello sviluppo che ne seguì fu dovuto alla sua grande competenza ed ingegnosità in questo campo.”

Anche se il merito è da dividere equamente in due, come ricordò a sua volta Piccioni: “Marcello (Conversi) realizzò l’elettronica con suprema cura e competenza”.

Tutto questo avveniva sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale e Piccioni, che era diventato ufficiale dell’esercito, riuscì a continuare il suo lavoro facendo la spola tra la ricerca e la vita militare. “Sono debitore ai miei ufficiali superiori, i colonnelli Gilberti e Pace, per avere chiuso più di un occhio sul mio arrivare tardi ed uscire presto ogni giorno”. Tutto questo fino al luglio del 1943 quando avvenne “la lungamente attesa caduta del governo fascista” e Roma venne dichiarata città aperta. Ma i tedeschi opposero resistenza fino all’ultimo e gli alleati bombardarono la città a più riprese. Tutto l’equipaggiamento  di Conversi e Piccioni fu perciò trasferito con una carretta in uno scantinato del Liceo Virgilio, posto più vicino al Vaticano e ritenuto quindi più sicuro da eventuali attacchi. Edoardo Amaldi, che ricopriva il ruolo di direttore del laboratorio di fisica, diede “un messaggio di incoraggiamento ed una prova di amicizia” aiutando nel trasporto di quella preziosa merce che servì poi per la scoperta della famiglia di un nuovo gruppo di particelle elementari: i leptoni. Rubando le parole a Giorgio Salvini: “Mei cari amici, potere capire, oggi, che razza di carretta era quella carretta?!”.

Un ulteriore inconveniente dovuto alla Guerra fu l’arresto di Piccioni, preso mentre cercava di traversare la linea di frontiera insieme ad altri ufficiali. Fu rinchiuso in una prigione di Frosinone dove “dormì in un letto pieno di pulci e parassiti”. Egli stesso ricordò:

“Fui fortunato, e potei tornare a Roma dopo dieci giorni, grazie al coraggio, all’abilità, all’eloquenza, alle bugie e al denaro del padre del mio collega e compagno di prigione Libutti.”

Ritornato a Roma fu ospitato da Conversi e coinvolto in un piccolo hobby, quello di costruire un trasmettitore per incitare i romani a rivoltarsi ai soldati tedeschi. È in questo clima di continua tensione, col rischio di essere presi e deportati nei campi tedeschi, che le ricerche proseguivano. Nella primavera del 1944 riuscirono a misurare la vita media dei muoni. In Italia era la prima dimostrazione dell’esistenza della particella prevista da Yukawa. Vista l’impossibilità di comunicare con i colleghi, seppero soltanto dopo che Bruno Rossi, uno dei maggiori esperti nel campo dei raggi cosmici, era riuscito ad ottenere un valore leggermente più preciso. In seguito, Rossi commentò:

“Dopo la guerra appresi che mentre io e Nerenson lavoravamo comodi nei dintorni dell’Università di Cornell, due colleghi italiani, Marcello Conversi e Oreste Piccioni, sfidando le dure condizioni prevalenti a Roma sotto l’occupazione tedesca, erano riusciti a compiere un esperimento accuratamente progettato ed estremamente elaborato per misurare, come noi, la vita media dei mesotroni a riposo. Il loro risultato era assolutamente corretto, nei limiti posti dall’incertezza statistica.”

Ai due si unì successivamente Ettore Pancini, impegnato negli anni precedenti sul fronte della Resistenza, il quale propose alcune migliorie nell’apparato sperimentale che portarono a un’ulteriore scoperta: la teoria della cattura di Tomonaga e Araki. Questa teoria, rafforzava ancora di più la tesi che il muone fosse effettivamente il mesone teorizzato dal fisico giapponese, era soddisfatta per il ferro. Essenzialmente Tomonaga e Araki conclusero che, a causa della carica elettrica positiva del nucleo, la cattura dei muoni e il loro decadimento spontaneo dovessero dipendere dalla loro carica. In atre parole, i muoni positivi, a causa della repulsione coulombiana, non interagiscono con i nuclei e hanno il tempo di decadere, mentre i muoni negativi a causa dell’attrazione coulombiana vengono immediatamente assorbiti. E questo deve essere valido per qualsiasi nucleo in cui il muone si formi, che si tratti di elementi pesanti o leggeri.

Conversi, Pancini e Piccioni ripeterono dunque l’esperimento usando il carbonio al posto del ferro e notarono che entrambi i muoni, non soltanto quelli positivi ma anche quelli negativi sfuggivano alla cattura nucleare del carbonio e decadevano in elettroni. Ci fu solo che meraviglia.

La notizia, tramite Amaldi, arrivò immediatamente a Fermi che iniziò a confrontarsi con altri fisici teorici, come Weisskopf e Teller, concludendo che il muone non poteva essere la particella di Yukawa. I tre italiani avevano individuato “un ospite inatteso” nella giungla delle particelle elementari, aprendo il campo allo studio di quella nuova famiglia che prese il nome di leptoni. È ormai leggenda la reazione del fisico Isaac Isidor Rabi, che salutò questa scoperta con la domanda “e questa chi l’ha ordinata?”.

Nel giugno del 1947 arrivò, da parte di Marshak e Bethe, l’ipotesi che si rivelò vincente: il mesone di Yukawa è prodotto nell’alta atmosfera e decade in una nuova particella, il muone, che si osserva a livello del mare. La prima è quella che oggi è chiamata pione o mesone Pi e alla cui scoperta prese parte anche Beppo Occhialini.

Concludiamo rubando ancora una volta le parole a Giorgio Salvini:

“(Piccioni) è uno dei migliori esempi del nostro secolo di quanto un genio della fisica, anche se non provvisto di matematica quanto i giganti del pensiero teorico, può allearsi con essi per guidarli agli aspetti essenziali della realtà più sottile della nostra fisica delle particelle. Aveva una potente, una irrefrenabile curiosità di sapere e di capire. Adesso, davanti alle sue ceneri possiamo finalmente capire la sua grandezza, meditare, esprimergli il nostro imperituro ricordo, ringraziarlo per quanto ha dato alla scienza e per quanto ci ha aiutato a marcare la nostra scuola ed il nostro Paese nella storia della Fisica mondiale.”

In foto Piccioni (il secondo da destra) in compagnia di Yukawa e di altri fisici.