Loading...
Cerca nel sito

Gian Carlo Wick, un fisico galantuomo che aveva capito l’importanza del ruolo dello scienziato nella società

Un racconto scritto da Storie Scientifiche per il Centro Ricerche Enrico Fermi.

Gian Carlo Wick è stato un importante fisico teorico il cui nome è legato a importanti risultati ottenuti durante una lunga e proficua carriera. Le sue grandi qualità erano la profonda conoscenza dell’impalcatura matematica delle teorie, la grande intuizione per i fenomeni fisici e una profonda preoccupazione per l’uso pratico delle nozioni. Luigi Radicati di Brozolo, direttore della Scuola Normale Superiore dal 1987 al 1991, disse:

“Parlare della vita e dell’opera di Gian Carlo Wick è ricordare l’evoluzione della fisica nell’arco di quarant’anni, un periodo che inizia negli anni Trenta e termina negli anni Settanta.”

Nato il 15 ottobre 1909 a Torino da una famiglia di grande cultura (sua madre, Barbara Allason, era una scrittrice ben nota nell’ambiente torinese), ebbe modo di frequentare da giovanissimo la cerchia ristretta di Benedetto Croce. Si iscrisse inizialmente al Politecnico di Torino per poi passare, al terzo anno, a Fisica. Si laureò nel luglio del 1930 con una tesi sulla teoria elettronica dei metalli, avendo come correlatore Gleb Wataghin (in quegli anni unico esperto della nuova teoria quantistica a Torino) che garantì la validità del lavoro al relatore, Prof. Carlo Somigliana. Wataghin gli suggerì poi di andare a Roma per collaborare con Enrico Fermi.

Ottenuta una borsa di studio di perfezionamento, passò un anno all’estero facendo la spola tra Göttingen e Lipsia dove entrò in contatto con i più noti fisici dell’epoca come Max Born e Werner Heisenberg, giusto per citarne due. Durante questo periodo si impadronì delle varie nozioni della meccanica quantistica, applicandole a problemi di fisica molecolare e nucleare. È a Lipsia che Wick imparò una lezione utile per la sua successiva formazione. In quegli anni la teoria del gruppo delle rotazioni era poco nota e interessava soprattutto i matematici, che furono chiamati a risolvere uno spinoso problema e i risultati apparivano confusionari e molto complessi. Arrivò a Lipsia Fermi e tenne un seminario dove, nel giro di pochi minuti, ricavò lo stesso risultato come un’elementare conseguenza dell’algebra delle matrici di Pauli. Anni dopo Wick disse:

“Avevo imparato da Fermi a rispettare la chiarezza di pensiero sopra ogni altra cosa e cercai di adeguarmi ai suoi principii, soprattutto di evitare tecniche astruse ed erudite ogni volta che sembravano adeguati metodi e idee più semplici.”

Nel 1932 tornò a Roma dove divenne assistente di Fermi fino al 1937. Sul loro rapporto disse: “Divenni allievo di Fermi, col quale lavorai in stretto contatto per circa cinque anni; ho imparato più da lui che da ogni altro.”

Durante il periodo romano Wick scrisse fondamentali lavori che riguardavano le proprietà dei nuclei e dei nucleoni. In uno di questi articoli, dal titolo “Sul momento magnetico della molecola di idrogeno”, Wick calcolò il momento magnetico dovuto alla rotazione della molecola tramite un magistrale uso della teoria dei gruppi, in quegli anni pochissimo utilizzata in fisica. Inoltre, il gruppo romano stava ottenendo risultati di capitale importanza sulla fisica dei neutroni, non solo dal punto di vista teorico. Wick fu uno dei primi ad affrontare la teoria della diffusione dei neutroni nei materiali, formulando anche la teoria della diffusione di neutroni lenti nei cristalli.

Nel 1937 il suo nome rientrò nella terna vincitrice insieme a Giulio Racah e Giovanni Gentile, e con la famosa cattedra data a Ettore Majorana per “chiara fama”, per il concorso a cattedra di fisica teorica, andando un anno a Palermo da Emilio Segrè e l’anno successivo a Padova con Bruno Rossi, dove iniziò la sua ricerca sui raggi cosmici. Nell’ottobre del 1940 fu richiamato a Roma da Edoardo Amaldi, su suggerimento di Fermi, per occupare la cattedra di fisica teorica. Intanto Gilberto Bernardini aveva raccolto l’eredità dei lavori di Bruno Rossi che era stato cacciato, insieme a molti altri, dall’Università dopo la promulgazione delle leggi razziali. Wick contribuì con grande entusiasmo a un grande risultato: la prima misura della vita media dei muoni. A Roma divenne noto anche per le sue lezioni e conferenze che univano rigore matematico a un’estrema chiarezza nell’esposizione.

Nel dopoguerra, sempre su consiglio di Fermi, decise di trasferirsi negli Stati Uniti, in particolare all’Università di Notre Dame (Indiana) e l’anno successivo a Berkeley, California, per occupare la cattedra lasciata vacante da Robert Oppenheimer che era andato a dirigere l’Institute for Advanced Study di Princeton. Nel periodo a Berkeley formulò il famoso Teorema di Wick (Evaluation of the collision matrix, 1950) che “ancora oggi è patrimonio fondamentale dei corsi universitari che si dedicano alla fisica delle particelle come a quello della stato condensato.” Ma il suo soggiorno fu breve. Alla fine della guerra il clima politico era teso e il maccartismo ne faceva da padrone. Così, quando il consiglio di amministrazione dell’Università chiese ai docenti di sottoscrivere un giuramento dove affermavano di non essere mai stati membri di un qualsivoglia Partito Comunista, Wick trovò la richiesta oltraggiosa, nonché lesiva della libertà degli individui, e si rifiutò di accettare questo compromesso. Lasciò dunque Berkeley per trasferirsi al Carnegie Institute of Technology di Pittsburgh. In totale furono 31 i docenti che si rifiutarono di firmare.

Durante la permanenza al Carnegie, trascorse un anno anche all’Institute For Advanced Study di Princeton, dove collaborò con Arthur Wightman ed Eugene Wigner sulla teoria delle simmetrie, in particolare sulla parità intrinseca delle particelle elementari. La loro collaborazione portò all’introduzione delle cosiddette “regole di superselezione” (un’estensione delle regole di selezione; queste vincolano le possibili transizioni di un sistema da uno stato quantistico a un altro). È sempre di questo periodo (1954) la “Rotazione di Wick” che consente di trovare una soluzione di un problema nello spazio di Minkowski partendo dal relativo problema nello spazio Euclideo; questa trasformazione stabilisce inoltre una stretta relazione tra la teoria quantistica dei campi e la teoria quantistica statistica.

Dal 1964 fu professore alla Columbia University di New York dove insieme al carissimo amico Tsung- Dao Lee (Nobel per la fisica nel 1967 insieme a Chen Ning Yang per il loro lavoro sulla violazione della parità in fisica delle particelle) si occupò dello studio delle simmetrie discrete nella teoria quantistica dei campi. Lee raccontò di quando sentì per la prima volta il nome di Gian Carlo Wick: era il 1947 ed era a Chicago. Stava seguendo una lezione sul rallentamento dei neutroni tenuta da Fermi che disse:

“Questo problema è stato risolto da Wick. È un fisico di grande valore.”

T.D. Lee, anni più tardi, disse che “Wick era un gentiluomo, un grande fisico ed una persona meravigliosa.”

L’ultimo periodo della sua carriera lo trascorse a Pisa, dove divenne professore alla Scuola Normale nel 1978, e si ritirò definitivamente nel 1984. Si è spento a Torino il 20 aprile del 1992.

Carlo Rubbia, in un messaggio per la celebrazione dopo la scomparsa, commentò così:

“Gian Carlo Wick ha lasciato un segno indelebile nel campo della fisica grazie a molti contributi originali alla ricerca, ma anche attraverso le sue illuminate lezioni ed i suoi testi, da cui traspare la sua eccezionale abilità nello spiegare e chiarire le questioni più difficili. [..] Aveva molto a cuore il problema della responsabilità dello scienziato nella società. Non pensava che i fisici fossero migliori di altri per risolvere i grandi problemi dell’umanità, ma era convinto del loro importante dovere di informare e consigliare. Gli dobbiamo gratitudine non solo per i grandi contributi alla fisica, ma anche per l’esempio di estrema onestà intellettuale e coscienza di scienziato che ci lascia.”